Il 44% degli italiani non sa quanti soldi ha in banca. E alla domanda: “Quanti mesi durerebbero le mie riserve se mi capitasse qualcosa che interrompesse anche temporaneamente il mio reddito?”, risponde proprio così: “Non lo so!”. Lo rivela, senza pietà, l’ultimo report del World Economic Forum (WEF), presentato a Davos.
Inevitabile la deduzione: altro che diseducazione finanziaria, qui siamo all’analfabetismo economico.

L’educazione finanziaria non è solo, infatti, la capacità di compilare il modulo per fare un bonifico o leggere con facilità l’estratto conto della banca: è la chiave per sbloccare opportunità, ridurre l’incertezza e costruire un futuro sicuro. E in Italia è gravemente carente. Secondo il Comitato Edufin, i più non sono minimamente attrezzati, in materia. Il Comitato – la massima autorità nazionale sul campo, costituito dai Ministeri dell’Economia e delle Finanze, dell’Istruzione, delle Imprese e del Made in Italy e del Lavoro con Banca d’Italia, Consob (commissione di controllo sulla Borsa, COVIP (autorità di controllo sui fondi pensione), IVASS (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni), OCF (Ordine dei Consulenti Finanziari) e Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti – ha pubblicato il suo “Index 2023” che riecheggia le drammatiche cifre del WEF, affermando che “Solo il 41% della popolazione possiede le competenze di base in ambito finanziario”.
E del resto, stando ad un recente studio della stessa Banca d’Italia, soltanto il 10% degli intervistati tra i 18 e i 34 anni ha dimostrato di avere una comprensione adeguata dei concetti finanziari fondamentali. Anche questo dato conferma la grave mancanza di preparazione tra i giovani italiani, che spesso si trovano a gestire le proprie finanze – quando entrano nel mondo del lavoro – senza le conoscenze necessarie per farlo in modo efficace e responsabile. Addirittura solo un terzo degli intervistati ha dimostrato di comprendere il significato di termini finanziari di base, come “inflazione” o “rendimento”.

Anche Innexta ha voluto contribuire allo sforzo del sistema di comprendere il livello di educazione finanziaria in Italia, specialmente nell’ambito scolastico. Tanto più in relazione al fatto che dall’anno scolastico 2024-2025 arriverà, finalmente, un’importante innovazione: l’educazione finanziaria entrerà nei programmi scolastici ufficiali e obbligatori come parte integrante del programma di educazione civica. Non costituirà ancora materia curriculare a se stante, con voto di media, ma il primo passo è compiuto.
Ebbene, qui c’è il dato confortante: secondo le rilevazioni di Innexta, le giovani generazioni che attualmente studiano, per il 47% vedono nella formazione finanziaria la chiave per ottenere l’indipendenza economica e per il 42% la considerano essenziale per una pianificazione futura. Inoltre i giovani avvertono la necessità di ottenere sin da subito alcune informazioni: il 43% punta a conoscere i criteri di investimento e la stessa percentuale si riferisce a coloro che vogliono essere informati in merito agli strumenti di pagamento.

Quanto ai docenti, anch’essi si sono espressi a favore dell’educazione finanziaria. Il 95% di loro considera l’argomento fondamentale per la formazione dei giovani e di questi, il 91% vorrebbe saperne di più a livello personale ma anche in veste di insegnante. L’89% degli insegnanti che sono stati presi in considerazione per l’analisi commissionata da Innexta pensano che la scuola debba dare maggiore spazio al tema.
Quanto, infine, alla preparazione di partenza, i docenti conoscono abbastanza bene i prodotti di uso più comune come carte di pagamento, assegni, bonifici e home banking.
Gli insegnanti sono, però, meno informati sugli strumenti di finanziamento e investimento e vorrebbero ricevere una formazione specifica.
In sostanza rendere la scuola il fulcro di un processo di apprendimento nell’ambito dell’educazione finanziaria è essenziale per garantire che ogni giovane acquisisca le conoscenze e le competenze necessarie per gestire saggiamente le proprie finanze e diventare un cittadino informato.
Ma questo travaso di sapere deve ovviamente partire da un’adeguata competenza del corpo docente.

 

Articolo redatto da
Valentina Menassi